La salvaguardia della biodiversità è la chiave dello sviluppo sostenibile
Se è vero, come è vero, che gli enormi investimenti planetari previsti per la ripresa dalla pandemia del COVID-19 rappresentano una gigantesca occasione per indirizzare il mondo su un percorso più pulito, verde e sostenibile, allora la questione della tutela della biodiversità e degli ecosistemi assume automaticamente una dimensione dirimente.
Ecco perché con la Giornata internazionale per la diversità biologica, che si celebra ogni 22 maggio l’Onu ci ricorda quanto la difesa degli equilibri ecologici sia alla base di qualsivoglia progetto che attenga al futuro dell’umanità. Soprattutto, tale difesa rappresenta l’indispensabile grimaldello per aprire le porte della sostenibilità.
Tutelare la biodiversità significa salvare gli ecosistemi in cui viviamo
Con la parola biodiversità non ci si limita a riferirsi alla sconfinata varietà di piante, animali e microrganismi che popolano il Pianeta, così come non è sufficiente il richiamo alle differenze genetiche riscontrabili all’interno di ciascuna specie.
Si tratta infatti di definizioni monche, che trovano completamento solo nella considerazione della pluralità degli ecosistemi (aria, oceani, mari, laghi, fiumi, foreste, deserti, monti, paesaggi rurali) che ospitano le miriadi di forme viventi sulla Terra.
Se infatti il mondo vegetale e animale costituisce la componente cosiddetta biotica degli ecosistemi, l’insieme luce-terra-rocce-acqua-aria-fattori climatici rappresenta la dimensione abiotica dell’habitat che rende possibile la vita terrestre. L’una non può prescindere dall’altra, unite da complessi legami e delicati equilibri minacciati dall’azione distruttiva del nostro modello di sviluppo.
La parola d’ordine del futuro che è già arrivato: ‘Ecosystem Restoration’
La consapevolezza dell’assoluta centralità degli ecosistemi trova del resto conferma nella decisione delle Nazioni Unite di dichiarare gli anni che verranno, 2021-2030, quali ‘Decennio della scienza oceanica per lo sviluppo sostenibile’ e ‘Decade on Ecosystem Restoration’, ponendo dunque ancora una volta l’accento sul tema della difesa e del ripristino degli habitat naturali.
Una linea di azione, questa, che viene da lontano, trovando un punto di partenza il 22 maggio 1992 (da qui la data della celebrazione annuale) quando a Nairobi veniva adottata la Convenzione sulla diversità biologica, poi portata alla firma dei singoli Stati durante il Summit di Rio de Janeiro del mese successivo, evento passato alla storia quale prima conferenza mondiale sull’ambiente.
Originariamente sottoscritta da 150 Paesi, la Convenzione sulla diversità biologica è un accordo internazionale dedicato alla promozione dello sviluppo sostenibile che viene monitorato con regolarità (nel 2021 è convocata in ottobre a Kunming, Cina, la quindicesima COP, Conferenza delle Parti).
Le responsabilità dell’uomo nella distruzione degli ecosistemi
Eppure, nonostante gli sforzi in corso e la diffusione della parola d’ordine della restoration, la biodiversità continua a deteriorarsi su tutto il Pianeta. Secondo i dati dell’Onu, l’intervento umano ha già alterato in modo significativo i tre quarti degli ecosistemi terrestri e circa i due terzi di quelli marini.
L’abuso dello sfruttamento e del consumo delle risorse naturali insieme all’inquinamento e al cambiamento climatico stanno infatti minando alla base questo patrimonio riducendo così la complessità (e quindi la ricchezza) degli ecosistemi. Solo per restare al mondo animale tra il 2001 e il 2014 si sono estinte 173 specie e nel corso dell’ultimo secolo sono scomparse circa 400 specie di vertebrati.
Numeri che ci ricordano che la biodiversità sta diminuendo più rapidamente che in qualsiasi altro momento della storia umana mettendo seriamente a rischio il cosiddetto Capitale Naturale, inteso quale intero stock di beni naturali – organismi viventi, aria, acqua, suolo e risorse geologiche – che sono necessari per la sopravvivenza dell’ambiente.
La biodiversità, il climate change e….il Covid-19
Il valore intrinseco della biodiversità ha molteplici sfaccettature, in primis in riferimento alle esigenze nutrizionali dell’uomo. Si consideri ad esempio che oltre l’80% dell’alimentazione umana è a base vegetale e 3 colture cerealicole – riso, mais e grano – forniscono da sole all’umanità il 60% dell’apporto calorico quotidiano, così come il pesce fornisce il 20 per cento di proteine animali a circa 3 miliardi di persone.
Ma non è solo un problema, seppur vitale, di catena alimentare: le 2 maggiori emergenze della contemporaneità sono entrambe legate a doppio filo al tema della tutela della biodiversità e degli ecosistemi. E’ il caso infatti di ricordare che i 2 pilastri degli ecosistemi terrestri, le foreste e gli oceani, forniscono l’ossigeno che respiriamo e assorbono più della metà dell’anidride carbonica emessa nell’atmosfera, svolgendo contestualmente una funzione insostituibile per la regolazione del clima: la biodiversità è dunque la nostra migliore alleata contro il climate change.
Allo stesso tempo, la drammatica emergenza sanitaria ancora in corso attesta come la difesa degli equilibri naturali rappresenti anche la nostra più efficace assicurazione sulla salute.
L’ipotesi allo stato nettamente più accreditata è infatti, come noto, che la pandemia da Covid-19 sia stata originata dal salto di specie del virus dall’animale all’uomo: le cosiddette zoonosi sono un fenomeno naturale con il quale l’uomo convive fin dagli albori della vita, ma non c’è dubbio che la loro probabilità e pericolosità aumenta esponenzialmente quando si infrange il naturale equilibrio degli ecosistemi, invadendo in modo inappropriato gli habitat delle altre specie (deforestazione), così moltiplicando le occasioni di contatto con la fauna selvatica.
Valga in questo senso da monito l’affermazione di Jonathan Epstein, ecologo dei patogeni animali, secondo cui “non sono loro a cercarci, semmai siamo noi a cercare loro”.
‘Tocca a ognuno di noi’. Il tema 2021 della Giornata mondiale della biodiversità
“Quando la biodiversità ha un problema, l’umanità ha un problema”, si legge nella documentazione dei COP della Convention on biological diversity e il protagonismo negativo dell’uomo nel minare le condizioni di sostenibilità della vita sulla Terra giustifica l’individuazione del tema dell’International Day 2021 nel ‘Siamo tutti parte della soluzione’, che fa seguito, per l’anno precedente, a ‘Le soluzioni sono nella natura’.
Oltre che il richiamo alla necessità di appropriate politiche dei governi e alla collaborazione richiesta al mondo economico e produttivo, si tratta, con tutta evidenza, di una esplicita chiamata alla responsabilità di ogni singolo individuo. Le scelte di vita sostenibili sono infatti la chiave per garantire un futuro all’umanità e tutti dobbiamo fare la nostra parte affinché si possa proteggere la natura, ripristinare gli ecosistemi e stabilire un equilibrio nel nostro rapporto con il Pianeta.
Perché solo invertendo la perdita di biodiversità possiamo migliorare la salute umana, realizzare uno sviluppo sostenibile e affrontare l’emergenza climatica.
Una piccola ma fondamentale battaglia per la biodiversità: la difesa delle api
Un esempio di piccola (ma importantissima) azione concreta è la difesa delle api, per le quali proprio ieri, 20 maggio, si è celebrata la 4^ Giornata mondiale, il World Bee Day. Una ricorrenza introdotta dall’Onu per sensibilizzare sulla minaccia che incombe sugli agenti impollinatori per gli effetti combinati dei cambiamenti climatici, dell’agricoltura intensiva, dei pesticidi, dell’inquinamento e, appunto, della perdita di biodiversità: oltre il 75% delle colture alimentari mondiali dipendono infatti, per resa e qualità, dall’impollinazione garantita dalle api e da altri impollinatori (ad esempio le farfalle e i pipistrelli).
È celebre, a questo proposito, la profezia di Albert Einstein secondo cui “se l’ape scomparisse dalla faccia della terra, all’umanità non resterebbero che quattro anni di vita; niente più api, niente più impollinazione, niente piante, niente alberi, niente esseri umani”.
Tuttavia, oggi il numero di queste piccole alleate dell’alimentazione e della riproduzione degli ecosistemi sta diminuendo in modo allarmante, soprattutto a causa di pratiche agricole intensive, uso eccessivo di prodotti chimici per l’agricoltura e delle elevate temperature che anticipano le fioriture.
A tutto ciò si sono aggiunti gli effetti della pandemia che ha avuto un forte impatto anche sul settore dell’apicoltura, colpendo pesantemente la produzione, il mercato e, di conseguenza, i mezzi di sussistenza degli apicoltori.
La tutela della biodiversità quale componente della creazione del valore di Coopservice
Raccogliendo l’invito delle Nazioni Unite affinché le aziende siano parte integrante della grande sfida del ripristino degli ecosistemi e della creazione di un nuovo modello di sviluppo sostenibile, Coopservice ha da tempo adottato procedure e metodologie per ridurre l’impronta ambientale delle proprie attività.
Proprio alle politiche aziendali di preservazione del Capitale Naturale (“che include l’acqua, la terra i minerali, le foreste, la biodiversità e la salute dell’ecosistema”) è dedicato un intero capitolo del Report integrato pubblicato annualmente, nella piena consapevolezza che esso rappresenta un fattore di input per la produzione di beni e la fornitura di servizi e che le attività di una organizzazione possono avere un impatto sia positivo che negativo su tale dimensione.
Per Coopservice il tema della sostenibilità ambientale e della salvaguardia della biodiversità rientra infatti nella strategia di creazione del valore ed è parte integrante della mission e della stessa corporate identity: non a caso una componente del nuovo logo aziendale richiama espressamente l’attenzione all’ecologia e all’ambiente.