Un problema che rimane grave e con radici profonde
In occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne (per celebrare la quale Coopservice ha installato lo scorso anno una panchina rossa davanti alla sede centrale di Reggio Emilia) può essere utile riepilogare i dati aggiornati del fenomeno, i quali testimoniano insieme alla permanente diffusione e gravità del fenomeno anche una rilevante crescita delle forme di prevenzione e contrasto, insieme alla volontà di ricerca di aiuto presso i Centri antiviolenza e i servizi specializzati, soprattutto per le violenze subite da parte dei partner.
Un quadro comparato sugli ultimi 10 anni
I dati nazionali innanzitutto, partendo dalla forma più estrema del problema: prendendo a confronto gli ultimi 10 anni i femminicidi risultano numericamente dimezzati (da 149 nel 2016 al dato fino ad oggi riscontrato di 76 nel 2025, cui vanno per la verità aggiunti 67 episodi catalogabili come ‘tentati femminicidi’), mentre registrano una crescita esponenziale le misure di contrasto e prevenzione quali gli ‘ammonimenti’ (dai 2.000 del 2016 ai 7.571 fin qui del 2025) e i braccialetti elettronici (da 500 a 12.192). E se la percentuale di donne che ha subito violenza fisica o sessuale almeno una volta nella vita rimane stabile oltre il 30%, risultano in deciso incremento (di oltre l’80%) il numero delle chiamate ai centri antiviolenza.
Più del 30% delle donne italiane ha subito una forma di violenza
Se i freddi numeri restituiscono dunque un quadro di crescente presidio e controllo, oltre che di aumento delle richieste di difesa da parte delle vittime, permane la constatazione del carattere strutturale del fenomeno che, nella sua accezione più ampia, manifesta una preoccupante stabilità. A partire dal dato più eclatante, già citato, per il quale ben oltre il 30% delle donne italiane tra i 16 e i 75 anni riferisce di avere subìto nel corso della propria vita una qualche forma di violenza.
L’istantanea sulla violenza di genere fornita dall’Istat
Un autorevole e aggiornato contributo nel fornire una fotografia ‘empirica’ della situazione proviene dall’Istituto nazionale di statistica (Istat) che ha appena pubblicato i risultati dell’indagine denominata ‘Sicurezza delle donne’. Si tratta di una rilevazione periodica, armonizzata a livello internazionale con dati comparabili a livello europeo, coordinata con il Dipartimento per le Pari Opportunità presso la Presidenza del Consiglio e realizzata con il metodo dell’intervista telefonica a circa 17.500 persone tra i 16 e i 75 anni. Va precisato che si tratta di dati parziali, poiché saranno prossimamente integrati con interviste svolte di persona ad un campione di donne straniere residenti.
Oltre i dati denunciati: è il ‘sommerso’ che determina le reali dimensioni del fenomeno
Scorrerne comunque già oggi i risultati consente di avere un esauriente quadro statistico della situazione, comprendente anche le esperienze subite e mai denunciate alle autorità (il cosiddetto ‘sommerso’ della violenza di genere). Così, la ricerca Istat attesta che sono 6 milioni e 400 mila (31,9%) le donne italiane che, dall’adolescenza alla prima vecchiaia, hanno dovuto affrontare episodi di violenza. Di queste una quota maggioritaria ha vissuto manifestazioni di violenza fisica e il 20,8% di natura sessuale, fino alla forma più grave dello stupro o tentato stupro che ha coinvolto il 6% di esse.
Le diverse manifestazioni della violenza fisica
Per quanto riguarda le situazioni di prevaricazione fisica, l’11,0% delle donne nel corso della loro vita sono state minacciate di essere colpite, il 10,5% sono state spinte, strattonate, afferrate, è stato loro storto un braccio o sono stati loro tirati i capelli, il 5,6% è stata colpita con oggetti e una quota del tutto analoga è stata schiaffeggiata, presa a calci, pugni o morsi; meno diffuse le forme più gravi di violenza fisica come l’uso o la minaccia di usare pistola o coltelli (1,6%) o il tentativo di strangolamento o soffocamento e ustione (1,6%).
I dati sulla violenza sessuale e lo stalking
In riferimento al 21% che ha subìto forme di violenza sessuale, emergono al primo posto le molestie con contatto, seguite dai rapporti sessuali non desiderati, lo stupro e il tentato stupro, i rapporti sessuali degradanti e umilianti. In misura più ridotta, le donne hanno subito rapporti sessuali quando non erano in grado di rifiutarsi e opporsi, sono state costrette o si è tentato di costringerle ad avere attività sessuali con altre persone o hanno subito altre forme di violenze sessuali. Alle violenze fisiche e sessuali si aggiungono poi le condotte persecutorie, quali lo stalking, prevalentemente attuate al momento o dopo la separazione dagli ex partner (15%), così come le situazioni di violenza psicologica (18%) ed economica (6,6%).
Quegli orchi tra le mura di casa
Per quanto concerne le forme più gravi di violenza fisica e sessuale sulle donne, l’indagine Istat conferma ancora una volta ciò che viene costantemente sottolineato dalle organizzazioni e dagli esperti che si occupano del problema e cioè che esse sono per lo più esercitate da persone che rientrano nella loro più ristretta cerchia di conoscenze. In particolare, il 63,8% degli stupri è opera di partner, il 19,4% di un conoscente e il 10,9% di amici, a fronte di un 6,9% che risulta invece responsabilità di estranei alla vittima (una quota, quest’ultima, che registra un raddoppio nei casi di tentato stupro).
Abbiamo ancora un (grosso) problema culturale
Quali conclusioni trarne? Di certo, anche considerando i progressi registrabili sul fronte della crescita delle reti di protezione (aumento dei centri antiviolenza e delle case rifugio) e dei provvedimenti di prevenzione e controllo, il dato di fatto per cui il fenomeno presenta una preoccupante costanza e diffusione sul territorio rende evidente come esso non possa essere contrastato solo con l’inasprimento delle pene o con sporadiche campagne di sensibilizzazione, ma, piuttosto, richieda una profonda messa in discussione della cultura dominante nel nostro Paese.
L’Italia che si gira dall’altra parte
A questo proposito appare illuminante il report 'Perché non accada' appena pubblicato da ActionAid. Secondo questa indagine, nonostante i numeri enormi di persone che dichiarano di averla subìta, più della metà della popolazione italiana afferma di non avere mai assistito ad episodi di volenza di genere e una parte significativa degli uomini non la riconosce nemmeno, non cogliendo i segnali, i comportamenti e i linguaggi che la configurano. Di più, l’indagine ActionAid racconta un'Italia in cui il 20 per cento della popolazione complessiva non condanna il controllo sulla partner, il 26 per cento ritiene accettabile la violenza verbale e il 13 per cento (con picchi tra gli uomini più giovani) arriva a giustificare la violenza fisica.
La violenza contro le donne non nasce dal nulla, quindi si può prevenire
Dati che ActionAid interpreta come una dimostrazione che la violenza di genere è ancora parzialmente normalizzata, soprattutto tra le generazioni più giovani e tra gli uomini. Ricavandone la deduzione che il problema non può essere solo limitato a chi ‘produce’ violenza, ma va esteso a chi non la riconosce e quindi la lascia agire. Per questo, secondo l’organizzazione, se è vero che i Piani nazionali antiviolenza riconoscono l’importanza di operare sulla prevenzione agendo sulle cause culturali, essi si limitano a interventi di sensibilizzazione, discontinui e finanziati con risorse inadeguate. Quando invece sarebbe necessaria una responsabilità sistemica e continuativa delle istituzioni che si traduca non in campagne occasionali, bensì in politiche costanti, integrate e strutturali. La violenza infatti, conclude ActionAid, non nasce dal nulla e non ‘accade’ improvvisamente: si costruisce. E, come tale, si può prevenire.
Il ruolo delle imprese e il contributo di Coopservice al contrasto del fenomeno
La violenza di genere è un'emergenza sociale che non riguarda solo le donne, ma tutta la società, di cui il mondo del lavoro è soggetto attivo. Solo unendo le forze, attraverso campagne di sensibilizzazione, iniziative educative e supporto concreto, si può sperare di arginare il fenomeno. In Coopservice siamo costantemente impegnati a costruire ambienti di lavoro sicuri, rispettosi e attenti alle persone e riteniamo importante continuare a parlare di contrasto alla violenza di genere. In che modo?
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Promuovendo la consapevolezza attraverso l’organizzazione e la partecipazione a eventi, la condivisione di informazioni, il contrasto agli stereotipi e ai discorsi che minimizzano e giustificano la violenza.
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Supportando le vittime incoraggiandole a chiedere aiuto e facendo conoscere gli strumenti a loro disposizione, come il numero antiviolenza e anti-stalking 1522, attivo 24 ore su 24 o l’app YouPol, realizzata dalla Polizia di Stato, uno strumento gratuito e disponibile per tutti, semplice e sicuro, che permette di inviare segnalazioni, anche in forma anonima, con la possibilità di allegare video, audio, immagini e testo.
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Sostenendo le associazioni che lavorano sul territorio per fornire sostegno alle donne e promuovere l'empowerment femminile, come è stato con le associazioni Nondasola, D.i.Re, ActionAid, Parole O_stili, Fondazione Libellula e Valore D.
Una tavola rotonda per affrontare il tema dell’autonomia delle donne in uscita dalla violenza insieme all’Associazione NonDaSola
Il 2 dicembre dalle ore 17 presso il nuovo Smart Hub di Coopservice a Reggio Emilia si svolgerà una tavola rotonda (trasmessa anche in diretta streaming sul canale YouTube di Coopservice) dal titolo 'L'autonomia delle donne in uscita dalla violenza: competenze da mettere in gioco e opportunità'. Lo scopo è presentare il lavoro dell’associazione Nondasola, che mette al centro le donne che intraprendono un percorso di uscita dalla violenza, valorizzandone le competenze, le risorse personali e le opportunità offerte dal territorio (formazione, lavoro, casa, reti di sostegno) per mostrare come l’autonomia economica, abitativa e relazionale sia una dimensione chiave della libertà femminile e della prevenzione della recidiva della violenza.