Una novità strutturale che può rappresentare una ricchezza aggiuntiva
L’aumento dell’età media dei lavoratori, conseguente al progressivo innalzamento dell’età pensionabile, porta con sé una novità nel panorama lavorativo destinata ad assumere caratteri strutturali: ciò che si sta verificando per la prima volta nelle aziende e nelle organizzazioni è, infatti, la convivenza di quattro generazioni diverse. Va da sé che ognuna di esse si caratterizza per valori, esigenze e aspettative distinte, ma, al di là delle difficoltà, le differenze anagrafiche costituiscono un patrimonio di competenze e vissuti che attende di essere capitalizzato, rappresentando uno stimolo per creare ambienti di lavoro più inclusivi e produttivi.
Le differenze d’età sono un punto di partenza, non di arrivo
Del dato, del resto, non si può che prendere atto: la naturale successione delle categorie generazionali sarà sempre più accompagnata dall’allungamento della loro compresenza sul posto di lavoro. Ad oggi dai Baby Boomer (1946-64) alla Generazione Z (post 1997) passa oltre mezzo secolo di mutamenti culturali e di vorticosa evoluzione tecnologica. Un altro mondo, si direbbe, che però non si traduce in incompatibilità. Al contrario, le insopprimibili differenze vanno considerate un punto di partenza e non di arrivo, poiché la loro messa in circolo può generare positive contaminazioni e crescita collettiva.
Sicurezza vs stay connected: le caratteristiche attribuite alle singole generazioni
Anche rifuggendo dalla tentazione di stereotipare i lavoratori solo in base all’età – nella consapevolezza dell’incidenza di una pluralità di fattori nel determinare l’approccio al lavoro – non vi è dubbio che vi siano una serie di caratteristiche anagrafiche individuate da una gran messe di indagini e sondaggi periodicamente svolti. Così, se i Baby Boomer risultano generalmente orientati alla carriera e alla stabilità e meno alle nuove tecnologie e ai cambiamenti organizzativi, i Millennial (1981-96) si caratterizzano per le competenze digitali e per l’inclinazione alla flessibilità insieme ad un forte interesse per la ricerca di un equilibrio tra impegno professionale e vita personale.
Dai Baby Boomer alla Generazione Z, un altro mondo non significa incompatibilità
Allo stesso modo, la Generazione X (1965-80), più individualista e pragmatica che vive il lavoro come mezzo per migliorare i propri standard di vita, appare generalmente meno entusiasta delle nuove tecnologie rispetto ad una Generazione Z che respira in perenne connessione digitale e che appare molto preoccupata dell’incertezza economica generale e del futuro del pianeta. Per non parlare di caratteristiche riferite all’indipendenza e all’autonomia (uno dei segni prevalentemente riconducibili alla Generazione X), all’impatto sociale dell’azienda (Millennial), all’inclusività e alla condivisione del purpose (Gen Z).
Le diversità ci sono e occorre prenderne atto
Una rapida carrellata di ‘impronte’ per fasce d’età da cui si evince come la compresenza di diverse generazioni rischi senz’altro di alimentare tensioni, soprattutto determinate dai diversi approcci in materia di valori, aspettative lavorative, orientamento alla tecnologia. Ai Baby Boomer, che hanno come riferimento la stabilità e la struttura gerarchica, possono contrapporsi le fasce più giovani che richiedono invece flessibilità e opportunità di crescita rapida, con la Gen X a costituire una sorta di ponte ancorato ai pilastri dell’indipendenza e dell’autonomia.
Una tema simbolo delle differenze: il diverso approccio allo smart working
Un esempio di questo quadro articolato e composito è rappresentato dal diverso approccio alle opportunità dello smart working, una delle questioni emblematiche nell’era post-Covid con tutto il suo portato in termini di flessibilità e di ‘patto di fiducia’ tra azienda e lavoratore. Se è molto marcato l’interesse delle fasce più giovani, che in buona parte lo considerano una priorità, lo è di meno per le generazioni più anziane prevalentemente concentrate su elementi più tradizionali quali la sicurezza e la stabilità del posto di lavoro.
Ma gli elementi condivisi possono essere molti di più
Ugualmente, però, ricerche e sondaggi attestano anche la presenza di tematiche che incontrano trasversalmente l’interesse delle generazioni di lavoratori. Ad esempio una ricerca del 2023 dell’Osservatorio HR Innovation Practice del Politecnico di Milano riporta la presenza di fattori condivisi quali: il desiderio di migliorarsi costantemente, la ricerca di relazioni lavorative positive, la disponibilità alla flessibilità in termini di luoghi e orari, l’aspirazione al work-life balance. Certo l’attenzione al benessere sul luogo di lavoro è molto alta in particolare per Zers e Millennials ma non va considerata un’esclusiva, così come non è vero che le categorie anagrafiche precedenti siano tecnologicamente inesperte, scarsamente innovative e poco disponibili all’apprendimento continuo. Al contrario - conferma lo studio ‘Generazioni al Lavoro’ di InfoJobs - anche i cluster più esperti (che, va ricordato, ancora rappresentano il 55% della forza lavoro complessiva) esprimono l’auspicio di essere messi nelle condizioni di crescere.
Oltre gli stereotipi per età: l’esempio del talent development
Una indagine pubblicata lo scorso anno da Valore D, realizzata su 18.000 dipendenti delle aziende associate, invita appunto ad impegnarsi per abbattere tutti quei bias di genere ed età che sono radicati nella nostra cultura. Nella ricerca, un numero sempre maggiore di specialisti HR e DEI sottolineano ad esempio l’importanza di una rielaborazione del termine ‘talento’, solitamente ritenuto un sinonimo di giovane età. Le parole che maggiormente vengono utilizzate per descrivere il talento in azienda (entusiasmo, curiosità, capacità di adattamento, brillantezza, buona volontà) sono, però, tratti senza limiti anagrafici, così che appare consigliabile ampliare il target di partecipazione al talent development a tutta la popolazione aziendale, in modo da valorizzare tutte le generazioni e non solo i ‘giovani talenti’.
Age Management: come vincere la sfida del Generation Mix
Comprendere i bisogni dei più junior quanto quelli dei più senior, potenziando la capacità di ascolto e interrogandosi su cosa accomuna queste persone pur nella loro diversità, appare come il passaggio fondamentale per garantire inclusione e migliorare il benessere all’interno delle organizzazioni. Con il giusto approccio, adottando modalità quali l’apprendimento continuo, il mentoring intergenerazionale – incluso il reverse mentoring –, la valorizzazione delle soft skill, si possono creare le condizioni per uno scambio continuo di energie e saperi con il risultato di disporre di team di lavoro più integrati, coinvolti e dunque produttivi.
Le politiche di Generation Management in Coopservice
In questo scenario, anche un’azienda come Coopservice non fa eccezione. Se analizziamo gli oltre 13.000 dipendenti su base anagrafica, troviamo che i Boomers rappresentano ancora una parte consistente della forza lavoro con un 17%, la Generazione X costituisce la fetta più significativa con il 54%, ma avanzano le generazioni più giovani con il 25% di Millennials e il 4% della Gen Z, una percentuale, quest’ultima, ancora bassa ma che in valore assoluto indica che in azienda sono presenti quasi 600 persone con meno di 28 anni, un numero tutt’altro che trascurabile. L’attenzione di lunga data alle tematiche dell’inclusione e dell’integrazione multigenerazionale ha portato ad introdurre in Coopservice progetti quali ‘Giovani Talenti’, finalizzato alla valorizzazione delle giovani risorse, che fa leva sulla creazione di occasioni di contaminazione e scambio intergenerazionale volte a potenziare il lavoro di squadra. Inoltre, nell’ambito della partnership con il network Valore D si è aderito ad un percorso di ‘mentorship cross’, attuato attraverso una serie di incontri individuali tra ‘mentor’, persona con più esperienza, e ‘mentee’, lavoratore con meno esperienza, appartenenti ad aziende associate diverse.
La centralità dei progetti di work-life balance
Tra i diversi elementi di comune interesse intergenerazionale si è individuato l’equilibrio vita-lavoro quale fattore distintivo per l’attrattività e la retention delle persone, oltre che come fattore di benessere organizzativo in grado di migliorare la produttività aziendale. In questa ottica rientrano tutte quelle azioni introdotte da Coopservice per bilanciare tempo di lavoro e tempo libero dei dipendenti: orario di lavoro flessibile, lavoro agile o da remoto, ambiente di lavoro piacevole, attenzione per la qualità di vita dei dipendenti, oltre ai benefit inseriti nel sistema di welfare aziendale. Tra le attività promosse è stata consolidata la disciplina dello smart working, modulato su logiche organizzative coerenti con il modello di business aziendale.